Il design è ovunque – corso e incontro con Catherine Ritman Smith – Design Museum, Londra

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Design is everywhere”: è questo il titolo del corso organizzato lo scorso 9 giugno dal Design Museum di Londra, al quale abbiamo partecipato. Rivolto principalmente a insegnanti di scuole primarie britanniche, il corso mirava a sostenerli nel quadro delle nuove previsioni del curriculum nazionale per l’insegnamento del design, e naturalmente a presentare le opportunità offerte in tal senso dal museo stesso.
Nel Regno Unito, infatti, il design è inserito da vari decenni nel curriculum nazionale per le scuole primarie e secondarie sotto due aree/moduli: Art & Design e Design & Technology (si vedano le previsioni nazionali). Mentre il curriculum A&D è incentrato sull’apprendimento delle tecniche e sulla comprensione critica dei linguaggi di arte, artigianato e design, il curriculum D&T è orientato maggiormente nella direzione della soluzione creativa di problemi e dell’uso innovativo della tecnologia e della realizzazione di prodotti (per una analisi della storia del curriculum nazionale in queste materie, con interessanti considerazioni sulle loro differenze e possibili intersezioni in termini di design e creatività, si veda Marion Rutland, “Art and Design and Design and Technology: Is there creativity in the designing?”, Design and Technology Education: an International Journal, 14/1, 2009).
Fra il 2011 e il 2013, in realtà, ci sono stati lunghe e aspre polemiche nel Regno Unito, dopo che il ministro dell’istruzione Michael Gove, nel criticare il debole stato della preparazione dei bambini in materie fondamentali come matematica e lingua, aveva annunciato il ridimensionamento dell’insegnamento di materie come arti e design – quasi una sterzata rispetto alla centralità data alle industrie creative nel decennio precedente.
Alla fine, anche grazie a numerosi appelli, il design e altre materie come storia, musica e ICT sono state mantenute, sebbene ne sia stata ridimensionata la presenza, marginale o laterale rispetto alle discipline centrali ovvero Inglese, Matematica, Scienze. In particolare, se fino a qualche anno fa gli insegnanti ricevevano dal governo indicazioni precise rispetto alle attività da svolgere in classe per materie come il design, oggi le indicazioni nazionali sono ridotte a tre pagine, lasciando agli insegnanti il compito di sviluppare, riempire di contenuti e implementare la loro applicazione. È proprio per sostenere in questa direzione gli insegnanti delle scuole elementari – che non hanno una preparazione specifica nel campo del design – che il Design Museum ha organizzato il corso “Design is everywhere”, concentrandosi sul curriculum D&T.

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Al centro del corso, e più in generale delle sue attività educative (o di apprendimento), il Design Museum ha posto la duplice considerazione che, appunto, “il design è ovunque”, che “siamo circondati da cose che sono state progettate (designed) e realizzate (made) – dagli abiti che indossiamo agli smart phone che ci aiutano a organizzare le nostre vite”, e che il “design thinking” è un approccio utile per comprendere in modi nuovi il mondo che abitiamo: “Competenze come la comunicazione, il problem solving e la considerazione delle necessità degli altri sono centrali nel lavoro dei designer. Sono anche abilità che possono aiutare i bambini a esplorare le loro idee”. (Per una analisi delle basi concettuali che sorreggono l’approccio all’apprendimento del Design Museum di Londra, come designerly learning, si veda il testo di Helen Charman, Head of Learning, “Designerly Learning: Workshops for schools at the Design Museum”, Design and Technology Education: an International Journal, 15/3, 2010)

In questo senso, come ci ha spiegato in una conversazione dopo il corso Catherine Ritman Smith, Deputy Head of Learning, i programmi educativi del Design Museum sono orientati ad avvicinare le persone – dai bambini agli studenti universitari, agli insegnanti stessi – a capire come i designer pensano e lavorano, a stimolare un atteggiamento critico e attivo verso ciò che ci circonda e a superare la condizione di consumatori passivi. In particolare nell’ottica del Design Museum si tratta di sollecitare con varie attività un atteggiamento indagatorio (inquiry-based), l’abitudine a interrogarsi e a porre domande rispetto agli oggetti e a quanto di progettato incontriamo quotidianamente, a porre gli oggetti in una nuova luce: perché un prodotto ha una certa forma, o è fatto con un certo materiale? funziona bene? è un buon prodotto? potrebbe essere migliorato? quale processo sta dietro la creazione di un oggetto? Sono questi, per esempio, alcuni degli interrogativi attorno ai quali è stato costruito e aggiornato il sito web “Discover Design”, una risorsa che gli insegnanti e gli studenti possono usare autonomamente, prima o dopo le visite al Design Museum. “Certamente ci si può porre queste domande anche in un negozio, ma in un museo è diverso, perché qui non sei tanto un consumatore, ma sei portato ad assumere un atteggiamento più critico”, ci ha spiegato Catherine, sottolineando inoltre che la attitudine stessa del museo è cambiata nel tempo, puntando a facilitare l’apprendimento e i processi di apprendimento delle persone piuttosto che a impartire una determinata conoscenza.


Le attività proposte dal Design Museum agli studenti di diverse età mirano in primo luogo ad offrire l’opportunità di pensare come designer: “il design è una lente per guardare il mondo e per esplorare le proprie idee: in questo c’è un importante valore pedagogico, particolarmente oggi quando è chiaro che è necessario procedere oltre gli approcci educativi e di insegnamento tradizionali che non sono più adeguati ai rapidi cambiamenti che stiamo affrontando. Il design, con le abilità che richiede – perseveranza, capacità di assumere rischi e prendere decisioni, processo iterativo – ha molto da offrire. […] Così, per esempio, quando un gruppo di bambini è con noi, chiediamo loro di comportarsi come designer: discutiamo di come lavora un designer, proponiamo di osservare e provare i prodotti come farebbe un designer, di porre domande come farebbe un designer. Parliamo di approcci e attitudini, e della capacità di individuare problemi, di interrogarsi, ma anche di sperimentare e provare. Poi diamo loro un oggetto delle nostre collezioni, senza dare troppe informazioni, e li invitiamo a discuterlo, a immaginare come funziona o cosa è, quale esperienza se ne può fare; un aspetto importante è che li invitiamo anche a prendere appunti e fare disegni e schizzi mentre ne discutono… Alla fine diamo loro un brief, e chiediamo per esempio di provare a pensare o ripensare un oggetto del genere per un’utenza differente, o ideare una possibilità per migliorarlo, o per renderlo più sostenibile, oppure diamo un problema o un obiettivo come progettare una sedia per la propria scuola, che sia impermeabile e confortevole…”.
Gli educatori del Design Museum sono prevalentemente insegnanti di design, a volte sono anche designer, oppure provengono da una formazione nel campo della educazione e si sono avvicinati al design, comunque hanno una competenza in entrambi i campi e professioni, dell’educazione e del design

Le attività proposte dal Design Museum sono dunque incentrate su due tempi principali, uno di osservazione e valutazione delle idee altrui o di progetti esistenti, e l’altro di esplorazione delle proprie idee, in modo da dare spazio alla creatività delle persone: “Un aspetto interessante del nostro approccio pedagogico, in un’ottica costruttivista, è che si parte veramente dalla persona. Cerchiamo di dare spazio a quello che ciascun individuo può portare: stimoliamo le persone a porre domande e le invitiamo a fare un ‘viaggio’ con le loro idee. Si tratta di un processo creativo, certamente, perché è generativo, permette di pensare a modalità nuove per realizzare qualcosa, per produrre qualcosa di innovativo – o che magari è nuovo all’interno di una classe o nella esperienza individuale di chi apprende – e di applicare la conoscenza sviluppata a una situazione, a un problema, a un brief. Tutti noi abbiamo il nostro bagaglio di conoscenze ed esperienze, quindi la creatività può riguardare anche una esperienza personale, non si tratta di creatività in termini assoluti. ”

Un’altra componente importante del processo del design su cui il Design Museum insiste è l’iterazione, ovvero la possibilità di riflettere e valutare, e quindi ritornare e modificare un progetto. Tuttavia, come osserva Catherine, “è molto difficile lavorare sull’idea dell’iterazione entro i tempi ristretti di un laboratorio. Un’altra difficoltà in questo senso viene dai modi in cui i bambini apprendono in senso più ampio. Per esempio, quando studiano matematica a scuola sono abituati a sapere che esiste una risposta giusta e una sbagliata. Noi invece chiediamo loro di trovare le loro risposte. Sembra che i bambini si trovino in difficoltà di fronte ad attività in cui non c’è la certezza del vero/falso, giusto/sbagliato. A volte sembrano insoddisfatti quando, discutendo i loro progetti o le loro proposte, diciamo ‘è una possibilità’ oppure cerchiamo di stimolarli a esplorare ulteriormente le loro idee, a non fermarsi alla prima risposta, a ritornarci sopra…” È proprio per cercare di andare oltre i tempi ristretti dei singoli laboratori, che il Design Museum da qualche anno organizza anche progetti di più lungo termine, come Design Ventura, che propone a studenti di 9-11 anni di progettare un nuovo prodotto per il negozio del Design Museum. Gli studenti devono rispondere al brief proposto, e lungo tutto il processo vengono seguiti dal team del museo e da una serie di consulenti, sia attraverso incontri sia attraverso risorse e feedback forniti attraverso il sito del progetto.

Se l’esplorazione del design process e del design thinking è il cuore delle attività proposte dal Design Museum, il dipartimento Learning mira tuttavia anche a dare l’opportunità di realizzare (make) le proprie idee. Si tratta di una possibilità che attualmente viene offerta soprattutto a studenti delle scuole superiori e universitari, che possono sperimentare il lavoro del designer e progettare in maniera collaborativa all’interno dei laboratori organizzati nell’ambiente del design studio del Design Museum. La direzione del making è in effetti limitata attualmente anche per motivi di spazio, ma il museo – ci spiega Catherine – intende implementarla nei prossimi anni, quando con il trasferimento nella nuova sede del Commonwealth Institute, dal 2015, il dipartimento del Learning avrà molto più spazio a disposizione per il making, anche con la presenza di alcune stampanti 3D.

Infine, a proposito di “apprendimento creativo”, Catherine ha confermato che nel caso del Design Museum la creatività ha certamente un ruolo centrale, ma con una attenzione specifica per i processi di innovazione: “Il processo del design ha molto a che fare con la creatività, è un po’ come il compositore di musica: si tratta di avere una visione di qualcosa che si vuole raggiungere o di una sensazione che si vuole generare, e di avere gli strumenti e il linguaggio per fare questo, secondo un percorso iterativo. Dunque la creatività per noi è importante, ma qualunque cosa facciamo si appoggia a un approccio di design (designerly approach). La creatività ha varie caratteristiche che si sposano con quelle del design, ma per noi è importante che abbia a che fare con l’innovazione, che di fatto non si riscontra sempre e in tutti i prodotti”. Considerazioni che riportano anche alla distinzione fra arte e design, che secondo Catherine risiede nel fatto che, sebbene arte e design possano a volte intersecarsi, “il design esiste per essere usato, deve avere una funzione, deve avere un utente specifico di riferimento”.

In effetti sono anche queste alcune delle indicazioni che sono state fornite agli insegnanti durante il corso al quale abbiamo partecipato. Durante la mattinata, in particolare, un consulente della D&T Association, Gareth Pimpley, nell’illustrare le novità e specificità del national curriculum 2014, ha spiegato che ci sono sei punti chiave che devono essere presenti per connotare una attività educativa come pertinente rispetto al tema design e tecnologia: l’utente (ogni prodotto che si propone ai bambini di realizzare deve avere un user o gruppo in mente, potrebbe essere anche la nonna o la sorella); lo scopo (il design deve svolgere un compito); la funzionalità (deve avere una funzione, all’interno di un certo scopo); l’innovazione (bisogna invitare i bambini a essere innovativi e avere un pensiero originale, non necessariamente in termini assoluti ma anche rispetto ad altri bambini in classe, o comunque rispetto alla loro personale esperienza precedente); decisioni progettuali (portare i bambini a svolgere attività nelle quali devono prendere decisioni sui materiali, su come funzionerà il prodotto, sulla forma, dimensione, sull’utente, ecc.); autenticità (pensare prodotti che siano reali, che si possano usare, che non siano solo gadget o riproduzioni).

Dopo la spiegazione dei principi e obiettivi del curriculum nazionale, i partecipanti al corso sono stati coinvolti direttamente, lavorando in gruppi, in alcune attività che sono servite a esemplificare l’approccio suggerito dal Design Museum e le diverse risorse educative che mette a disposizione degli insegnanti: durante l’attività “Design is about asking questions” siamo stati invitati a esplorare e interrogarci su alcuni oggetti delle collezioni, la cui funzione non era immediatamente evidente; con “Design is about solving problems” ci è stato invece chiesto di discutere e prendere appunti su alcuni progetti presenti nella mostra in corso Designs of the Year 2014, e di rispondere in particolare ad alcuni quesiti riguardanti la qualità di questi progetti come soluzioni intese a risolvere determinati problemi. Durante la seconda parte del corso, nel pomeriggio, abbiamo inoltre assistito a una presentazione del lavoro del team di type designers Entente, e in particolare del progetto di una famiglia di font child friendly realizzata in collaborazione con la scuola elementare Castledown Primary School.
Alla fine della presentazione di Entente, è stato chiesto ai partecipanti di lavorare individualmente o in coppia per ideare e disegnare un progetto di segnaletica o identità per una zona specifica della propria scuola – una esemplificazione di come le attività proposte dal Design Museum cercano di includere sempre un momento in cui i partecipanti esplorano le loro idee.

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