Designer-educatore al museo: incontro con Michele Corna, Triennale Design Museum

Progettazione, condivisione e collaborazione, sperimentazione, pensiero divergente e comunicazione: sono queste le parole chiave sulle quali convergono cultura del design e della pedagogia, secondo Michele Corna, responsabile di TDMEducation, il settore educazione/didattica del Triennale Design Museum di Milano – uno dei partner del nostro progetto.
Con alle spalle una formazione nel campo del design, presso il Politecnico di Milano, e un percorso di studi in Scienze della Formazione Primaria, alla Università Bicocca, Michele (che abbiamo incontrato lo scorso 30 aprile) incarna l’idea guida del nostro progetto di ricerca, ovvero avvicinare e far interagire le competenze del designer e dell’educatore/mediatore.

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“La sezione educativa del Triennale Design Museum – progetto voluto, sviluppato e diretto da Silvana Annicchiarico, direttore del Museo – è nata nel 2010 con l’intento di sostenere e arricchire la esperienza del museo, di avvicinare al design bambini dai 3 ai 10 anni [TDMKids] e ragazzi in età scolare attraverso visite guidate e attività laboratoriali e di trasformare la loro visita in un’esperienza ludica, formativa ed estetica. Silvana Annicchiarico per dare un carattere di scientificità e di supporto pedagogico al progetto della sezione didattica si è rivolta alla Facoltà di Scienze della Formazione Primaria dell’Università degli Studi di Milano Bicocca per studiare insieme le modalità di approccio al un nuovo pubblico dei bambini.
La progettazione delle attività sta in capo a Silvana Annicchiarico, che, in collaborazione con designer italiani e internazionali – tra i quali Nicoletta Morozzi, Daniele Papuli, Paolo Ulian, Vered Zaykovsky, Martí Guixé, Adam Shillito, Leftloft – ha ideato specifiche visite interattive e workshop sulla disciplina del design.”

Michele, che ha partecipato fin dall’inizio all’avvio di questo programma proprio da studente di Scienze della Formazione Primaria, oggi si occupa di svolgere le visite guidate e le attività laboratoriali e di coordinare il lavoro di altri giovani educatori e la loro formazione.
Il percorso di Michele, dal design alla pedagogia, è molto personale: interessato al design, dopo quattro anni di studi in questo ambito, si è iscritto a Scienze della Formazione spinto dal desiderio di lavorare a contatto con i bambini e da una disposizione naturale a comunicare con loro.
In questo passaggio, tuttavia, Michele non vede uno iato, avendo riconosciuto, pur fra le differenze, una serie di punti in comune fra cultura del design e pedagogia, come l’insistenza sulla collaborazione e sulla condivisione “fra pari”, e la centralità della progettazione e della sperimentazione. “Le attività educative e l’esperienza di apprendimento vanno sempre progettati […] La prima cosa che si studia nei corsi di pedagogia è che tutto è sperimentale. Certamente ci sono delle cornici teoriche ed epistemologiche cui fare riferimento, come quella del socio-costruttivismo, che intende l’apprendimento come un processo sociale e cooperativo e sempre basato sulle pre-conoscenze dei bambini – che non sono recipienti vuoti da riempire. Ma entro tale cornice, si tratta poi di sperimentare e progettare, e sperimentare…”

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Nel lavoro dell’educatore, ci ha spiegato Michele, chiaramente sono richieste alcune conoscenze e una preparazione specifiche. Per esempio riveste grande importanza la “comunicazione”, e la capacità di riflettere su come si comunica, su come favorire e sostenere la comunicazione con i bambini, tenendo conto delle loro diverse attitudini e dei diversi modi con cui possono accedere a un contenuto o a un tema: “C’è tutta una serie di attenzioni che si deve avere, si tratta di competenze al confine con la psicologia […] Provare a non dire mai ‘no’ a un gruppo di bimbi, per esempio, riuscire a non inibire la comunicazione… È qualcosa che chi svolge un percorso nel campo del design non necessariamente apprende, e che invece, se vuole procedere verso il campo dell’educazione, deve apprendere: è fondamentale”.
Dall’altro lato, ha aggiunto Michele, alcune competenze ritenute tipiche del design possono essere utili agli educatori, come la capacità di osservare le cose e i problemi da più lati, saper trovare più risposte a un problema o sollevare sempre nuove domande, in breve il cosiddetto “pensiero divergente” e laterale. Questa attitudine è secondo lui essenziale: se i bambini, così come tutti noi, non sono recipienti vuoti e se ciascuno ha attitudini particolari e accede a contenuti ed esperienze da versanti diversi, per l’educatore è necessario saper trovare e suggerire chiavi di accesso sempre diverse per stimolare l’apprendimento nei bambini, rivolgendosi e appellandosi anche ai diversi sensi del bambino, non solo la vista: “Una certa idea, che per un bambino è immediatamente evidente solo guardando un oggetto, per un altro bimbo può essere invece accessibile solo con un coinvolgimento di tutto il suo corpo: così, per esempio, mentre un bambino può vedere in un mobile di Memphis una figura, a un altro bimbo, che non la vede, si può suggerire di assumere una certa posizione, e di sentire nel suo corpo quella figura…”. In questo senso, secondo Michele, ha dunque senso parlare di “apprendimento creativo” solo con riferimento “al metodo e all’approccio metodologico nell’affrontare un tema o un argomento, ed è quel che la pedagogia sostiene, pensiamo al lavoro di Howard Gardner sulle intelligenze multiple…”.

Un ulteriore punto di riflessione di Michele è relativo alla dimensione fisica, spaziale e progettata in cui si trova a lavorare: gli allestimenti delle varie edizioni del museo ma anche lo spazio del Teatro Agorà, dove vengono svolte alcune attività educative: “Lavorando in questo spazio, posso testimoniare come mutano le espressioni e anche gli atteggiamento dei bambini. Quando entrano nel Teatro Agorà percepiscono visibilmente che non è uno spazio qualunque, con il legno alle pareti, di cui sentono l’odore… La mia impressione è che i bambini sono molto più calmi. Ho potuto osservare l’importanza dello spazio progettato nella esperienza di apprendimento…”.

Entrando nel team del Triennale Design Museum, Michele ha avuto la possibilità di coniugare tutti i suoi interessi, dedicandosi a bambini e ragazzi, e occupandosi di avvicinarli alla cultura del design. Consapevole della particolarità del suo percorso, egli vede nel nostro progetto un valore importante:
“Far capire o mostrare a chi studia design, che questo settore non si ferma necessariamente alla progettazione al computer, al progetto di prodotti, e che le competenze del design possono aprire altre porte, e possono essere utilmente applicate in altri settori, come quello dell’educazione e della mediazione verso i bambini, mi sembra splendido.”

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